Sentenza n. 127 del 1962
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SENTENZA N. 127

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 20 aprile 1962, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 27 successivo ed iscritto al n. 6 del Registro ricorsi 1962, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito del provvedimento 12 febbraio 1962 del Governatore della Banca d'Italia, col quale sono stati nominati il commissario liquidatore e i membri del comitato di sorveglianza del Monte di credito su pegno di Naso (Messina).

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 28 novembre 1962 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi l'avvocato Camillo Ausiello Orlando, per il Presidente della Regione siciliana, e il vice avvocato generale dello Stato Cesare Arias, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Il Governatore della Banca d'Italia con atto del 12 febbraio 1962, a norma dell'art. 9, secondo comma, delle disposizioni d'attuazione emanate col D.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, ha nominato il commissario liquidatore e i membri del comitato di sorveglianza del Monte di credito su pegno di Naso (Messina).

Avverso tale provvedimento il Presidente della Regione siciliana ha tempestivamente sollevato conflitto di attribuzione con ricorso notificato il 20 aprile 1962 e depositato il 27 aprile 1962.

2. - Col primo motivo la Regione lamenta la violazione dell'art. 20, primo comma, prima parte, in relazione all'art. 17, lett. e, dello Statuto siciliano, il quale ultimo attribuisce le funzioni esecutive e amministrative in materia di credito e risparmio al Presidente e agli Assessori regionali. Con questa norma statutaria contrasterebbe l'art. 9, secondo comma, delle disposizioni d'attuazione (citato D.P.R. n. 1133 del 1952), il quale riserva, invece, allo Stato la competenza nella materia disciplinata sotto i capi II e III del titolo VII della legge bancaria (R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, e successive modificazioni), compresa la competenza, che in particolare é del Governatore della Banca d'Italia, in fatto di nomina dei liquidatori.

Come ha riconosciuto la Corte costituzionale nella sentenza n. 58 del 1958, la Regione siciliana ha poteri che non si limitano alla istituzione e all'ordinamento degli enti di credito della Regione, ma abbraccia anche l'attività di questi enti: secondo la difesa regionale, nell'esercizio di tali poteri d'amministrazione attiva devono ricomprendersi anche gli atti di nomina dei commissari e del comitato di sorveglianza delle aziende poste in liquidazione con provvedimento regionale.

Perciò il secondo comma delle predette norme d'attuazione sarebbe costituzionalmente illegittimo ed all'uopo la Regione siciliana solleva incidentalmente questione di legittimità costituzionale in riferimento al citato art. 17, lett. e, dello Statuto regionale. Poiché il provvedimento impugnato é stato preso a norma di questo secondo comma, la questione di legittimità costituzionale ha carattere di pregiudizialità ai fini della decisione del conflitto di competenza.

La Regione non pone in dubbio il carattere di pubblico interesse nazionale della funzione creditizia; ma osserva come tale principio di unitarietà e statualità debba essere contemperato con le esigenze particolari che si sono tradotte nell'attribuzione statutaria di potestà alla Regione siciliana: il primo comma dell'art. 9 ha trovato questo sistema di contemperamento attribuendo allo Stato (Banca d'Italia) il potere di proporre la liquidazione e alla Regione il potere di emanare il provvedimento relativo. Ciò che, invece, non ha fatto il secondo comma, il quale, riservando allo Stato (Governatore della Banca d'Italia) il potere di nomina dei liquidatori, si é anche messo in contrasto col sistema che domina nelle stesse norme d'attuazione.

Col secondo motivo la Regione lamenta in via subordinata che l'atto del Governatore della Banca d'Italia abbia violato l'art. 20, primo comma, seconda parte, dello Statuto regionale in virtù del quale il Presidente e gli Assessori svolgono nelle materie riservate allo Stato un'attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato. In forza di questa norma, anche se il primo motivo fosse respinto e la nomina dei liquidatori fosse atto di competenza statale, tale nomina spetterebbe egualmente agli organi della Regione quali organi di decentramento statale: infatti, questo decentramento funzionale, secondo la difesa della Regione, é stato già attuato con la norma statutaria, dimodoché non rappresenta una semplice possibilità da realizzarsi caso per caso, condizionatamente alla emanazione di direttive statali.

3. - La Presidenza del Consiglio é intervenuta, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 10 maggio 1962.

Essa oppone, innanzi tutto, un'eccezione di inammissibilità poiché la questione di legittimità costituzionale non sarebbe rilevante ai fini del giudizio promosso per conflitto di competenza: infatti, anche dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del D.P.R. n. 1133 del 1952, la competenza nella materia ivi disciplinata non spetterebbe senz'altro alla Regione poiché occorrebbero altre norme d'attuazione, assolutamente necessarie per il passaggio di funzioni statali alla Regione.

Nel merito, l'Avvocatura dello Stato richiama la sentenza n. 44 del 1958 della Corte costituzionale, secondo cui la norma impugnata non contrasta "col sistema adottato per regolare i rapporti tra lo Stato e la Regione siciliana in materia di credito e risparmio"; ricorda, inoltre, che in una successiva sentenza (n. 58 del 1958) é stato affermato, per la Sardegna ma con richiamo anche alla Regione siciliana, come il potere di dirigere e controllare l'attività creditizia debba essere unitario, cioé statale, poiché la circolazione creditizia influisce decisamente sul mercato monetario nazionale, per cui occorre riservare all'organo statale poteri decisivi a tutela degli interessi generali.

In relazione al secondo motivo (violazione dell'art. 20, primo comma, seconda parte, dello Statuto regionale siciliano) l'Avvocatura dello Stato ribatte che la norma statutaria prevede solo la possibilità d'esercizio, da parte degli organi regionali, di funzioni statali, esercizio che non sarebbe consentito senza la previa emanazione di direttive statali: la debolezza della tesi regionale sarebbe tra l'altro confermata dal rilievo che, se essa fosse esatta, agli organi dello Stato sarebbe precluso l'esercizio di ogni attività amministrativa in Sicilia.

L'Avvocatura conclude rilevando che la Regione si é sempre dimostrata acquiescente alla competenza degli organi dello Stato in materia bancaria.

4. - La Regione ha depositato una memoria il 13 novembre 1962; la Presidenza del Consiglio ha fatto altrettanto il 15 novembre 1962. Le due memorie ribadiscono le tesi prospettate rispettivamente nel ricorso e nell'atto di intervento.

Inoltre, la Regione avanza l'ipotesi che l'art. 9, secondo comma, non comprenda, tra i casi in cui il provvedimento é riservato al Governatore della Banca d'Italia, la nomina dei liquidatori di quegli enti, come i Monti di pegno, rispetto ai quali la scelta degli amministratori spetta alla Regione, essendo state conferite all'Assessore regionale alle finanze le attribuzioni del Governatore della Banca d'Italia (artt. 5 e 8 della legge 10 maggio 1938, n. 745, e 1, 2 a, e, delle disposizioni d'attuazione).

Quanto al giudizio di legittimità costituzionale del predetto art. 9, secondo comma, la Regione, in contrasto con la Presidenza del Consiglio, ne afferma la rilevanza: infatti, caduta questa norma, la competenza in tutta la materia spetta alla Regione in forza degli artt. 1 e 2 delle stesse norme d'attuazione che gliel'hanno attribuita in generale.

5. - Nella discussione le parti hanno svolto ulteriormente le proprie tesi.  

Considerato in diritto 

1. - La Regione siciliana sostiene che la nomina del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza dei Monti di credito su pegno di seconda categoria operanti esclusivamente in Sicilia spetti all'Assessore regionale alle finanze: ciò perché in virtù delle norme d'attuazione, emanate nella materia del credito e risparmio (art. 2, lett. e), e della legge 10 maggio 1938, n. 745 (artt. 5 e 8), l'Assessore alle finanze ha i poteri, che aveva prima il Governatore della Banca d'Italia, di nominare una parte degli amministratori e il presidente del collegio sindacale di quelle stesse aziende di credito.

Non ci sono motivi perché questa tesi, già respinta in una precedente sentenza (n. 44 del 1958), possa essere accolta nel presente giudizio. Una cosa é la nomina di amministratori e di sindaci d'un ente che deve esercitare attività creditizia ed altra é la nomina dei liquidatori d'un ente che, invece, normalmente per gravissime irregolarità di funzionamento, deve essere posto sulla strada della cessazione di quella attività creditizia. Al primo caso si riferisce l'art. 2, lett. e, delle norme d'attuazione, non estensibile ad altre ipotesi da quelle in esso contemplate; al secondo si riferisce, in vece, l'art. 67, quinto comma, del R.D. n. 141 del 1938 e successive modificazioni (legge bancaria), al quale, oltreché agli altri articoli del capo III e del capo precedente, rinvia l'art. 9, secondo comma, delle stesse norme d'attuazione.

2. - Appunto questo art. 9, secondo comma, é impugnato, subordinatamente e incidentalmente, dalla Regione: se esso va inteso nel senso che é riservata allo Stato (o meglio, al Governatore della Banca d'Italia) anche la nomina dei liquidatori dei Monti di credito su pegno, ciò contrasterebbe con l'art. 20, primo comma, prima parte, dello Statuto regionale siciliano: il quale, invece, attribuisce proprio agli organi regionali lo svolgimento delle funzioni amministrative ed esecutive concernenti, fra l'altro, la disciplina del credito e del risparmio nell'interesse della Sicilia (art. 17, lett. e).

La questione é manifestamente infondata.

Si é in materia di legislazione regionale concorrente e si devono conciliare gli interessi della Regione siciliana con quelli nazionali: interessi, questi ultimi, che in verità sono presenti, come riconoscono la stessa Costituzione (art. 47) e la legge cambiaria (art. 1-2 del citato R.D. 1938, n. 141), in ogni attività esercitata dalle aziende di credito, comprese, dunque, le banche operanti esclusivamente in Sicilia.

I modi come la conciliazione si poteva attuare erano diversi, ma non spetta alla Corte costituzionale esaminare perché se ne sia adottato uno piuttosto d'un altro e se quello impiegato sia più opportuno o efficiente degli altri che si potevano impiegare. Basterà solo constatare che il sistema adottato risponde all'esigenza d'un controllo statale su tutto l'esercizio dell'attività creditizia e che questo controllo si attua con strumenti diversi a seconda del funzionamento, normale o anormale, dell'impresa bancaria.

Infatti, quanto all'attività ordinaria delle aziende di credito (operanti solo in Sicilia), l'interesse nazionale é difeso dalla possibilità d'impedire, su iniziativa del Ministro o della Banca d'Italia, l'emanazione dei provvedimenti d'autorizzazione e di nomina, peraltro riservati all'Assessore regionale; quanto, invece, alle aziende di credito che accusino irregolarità di funzionamento o di rendimento, la stessa pericolosità di tale situazione ha suggerito un più penetrante e diretto intervento dell'organo di vigilanza dell'attività creditizia che si svolge nell'intero territorio nazionale: l'iniziativa per lo scioglimento degli organi amministrativi bancari o per la liquidazione coatta amministrativa dell'impresa bancaria resta alla Banca d'Italia, così come al suo Governatore rimane il potere di nomina dei commissari straordinari e dei liquidatori coi relativi comitati di sorveglianza.

Questo sistema, nel suo complesso, non compromette l'autonomia regionale perché anzi i provvedimenti essenziali relativi alla attività creditizia di interesse regionale, cioè le autorizzazioni, la nomina degli amministratori di certe banche, lo scioglimento dei consigli d'amministrazione, l'ordine di liquidazione amministrativa delle aziende, sono emanati dall'Assessore regionale. D'altronde, una volta ammesso che l'interesse dello Stato é presente in qualunque attività d'esercizio del credito, risulta naturale che il riconoscimento dei suddetti poteri non abbia importato né importasse l'attribuzione all'organo regionale di tutta la potestà amministrativa inerente al controllo del credito.

In particolare poi, non sembra che la norma impugnata rappresenti una deviazione del sistema adottato con l'insieme delle norme d'attuazione riguardanti il credito e il risparmio. Infatti, da un lato la nomina d'alcuni organi d'amministrazione ordinaria é provvedimento che si ispira a esigenze diverse da quelle che presiedono alla nomina dei commissari straordinari e dei liquidatori: il compito di amministrare un'azienda efficiente é diverso dal compito di governarla quando essa é stata male amministrata o si trova in condizioni analoghe a quelle che conducono al fallimento (liquidazione coatta amministrativa a norma della legge fallimentare e della legge bancaria); sì che non v'é niente di strano che in un caso la potestà di nomina sia attribuita all'autorità regionale, nell'altro al Governatore della Banca d'Italia. Dall'altro lato, é una disciplina non propriamente abnorme quella per cui la scelta di commissari sottoposti a vigilanza sia demandata all'ente di vigilanza nazionale piuttosto che all'organo politico-amministrativo regionale: ente di vigilanza che, non avendo il suo sostitutivo nella Regione, é precisamente, anche in Sicilia, la Banca d'Italia col suo Governatore.

3. - La Regione sostiene, in via subordinata, che, ammessa la potestà amministrativa dello Stato, l'esercizio di questa potestà spetterebbe egualmente all'organo della Regione poiché alla Regione, a norma dell'art. 20, primo comma, seconda parte, spetta l'esercizio della potestà amministrativa statale anche in materia di credito (art. 17, lett. e, dello Statuto siciliano); ma neanche questa tesi può essere accolta poiché come la Corte ha ribadito in una recente sentenza (n. 83 del 1962), l'esercizio di tale potestà da parte dell'organo della Regione richiede l'emanazione di direttive statali, che in questo caso son mancate.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del D.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133 (contenente norme d'attuazione in materia di credito e risparmio), proposta dalla Regione siciliana in riferimento agli artt. 20, primo comma, e 17, lett. e, dello Statuto regionale siciliano;.

dichiara che spetta al Governatore della Banca d'Italia il potere di emanare provvedimenti a norma dei capi 2 e 3 del titolo VII della legge bancaria e, in particolare, di nominare i commissari liquidatori e il comitato di sorveglianza dei Monti di credito su pegno operanti esclusivamente in Sicilia, e respinge, pertanto, il ricorso di cui in epigrafe.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1962.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1962.